lunedì 3 settembre 2012

" L'INGANNO DI TANGENTOPOLI " : IL LIBRO INTERVISTA A RENATO ALTISSIMO CHE SVELA I SEGRETI DELLA PRIMA REPUBBLICA


Questa estate è uscito per Marsilio editore “ L’inganno di Tangentopoli”, un libro intervista del giornalista Gaetano Pedullà, già direttore del Tempo, con un protagonista della Prima Repubblica, Renato Altissimo, ultimo segretario nazionale del Partito liberale italiano, già Ministro della Sanità e dell’Industria tra il 1979 e il 1986.
Altissimo ritorna dal volontario esilio in Europa, conseguente la condanna nell’inchiesta di Mani Pulite, “ la fuga fu una scelta tragica- confessa il politico- per non fare probabilmente la fine di Craxi, Sergio Moroni, Gabriele Cagliari, e altri”.
Il tema affrontato dal libro entra nel dibattito sul ventennio da Tangentopoli e grazie alla diretta testimonianza di Altissimo ne rivela retroscena inediti . I due autori fanno continui riferimenti alla politica italiana del dopoguerra per concentrarsi sulla Prima Repubblica del pentapartito, del craxismo, spazzata via dallo tsunami dell’inchiesta di Mani Pulite insieme all’onda lunga giustizialista dei processi mediatici.
Altissimo ci rivela una verità diversa ( lui la chiama “la verità vera”) da quella che di solito accompagna l’immagine, secondo lui, fiabesca di Mani Pulite.
“Ma nelle pagine del libro non si sosterrà mai la tesi- ci tiene a precisare il giornalista nell’introduzione- del complotto dei magistrati. Si cerca però di dare una risposta a queste domande: c’era o no una regia dietro Tangentopoli? Perché in quel tritacarne finirono insieme l’Italia peggiore e l’Italia migliore? A conti fatti, ci sono stati politici, magistrati, imprenditori che da quella stagione hanno guadagnato? E quanto? Perché giornali e opinione pubblica scelsero senza riserve la sponda giustizialista, se su circa cinquemila persone coinvolte in Mani Pulite più di quattromilacento sono poi risultate innocenti o comunque prosciolte, prescritte o estranee ai fatti? E oggi come allora, se lo stesso tritacarne può essere acceso, chi può controllarne l’interruttore?”.
Altissimo è preoccupato perché vede oggi riproporsi quelle stesse condizioni di allora “ la debolezza della politica ridotta ad un immobilismo dei partiti, fiaccati da una inarrestabile ondata di antipolitica, frutto dell’eredità di Mani Pulite e accentuata dai recenti scandali sull’abuso dei rimborsi elettorali; il conflitto tra politica e magistratura e il conseguente arroccamento delle posizioni, che, insieme all’alibi di un Berlusconi sempre sotto processo, hanno causato l’impossibilità di potere arrivare alle riforme del sistema, mentre rimaniamo fanalini di coda in Europa sulla giustizia ; e infine la recrudescenza della corruzione”. Pedullà sulla questione morale aggiunge “ mentre in altri Paesi, come in Inghilterra, il tema è stato recentemente affrontato, in Italia si gira la testa dall’altra parte”. Altissimo riferendosi ai tempi in cui era un dirigente di partito ci tiene a fare un distinguo “ perché mentre a quell’epoca il grosso del denaro veniva usato per pagare i costi dei partiti, con qualcuno che prendeva mazzette, oggi con il finanziamento pubblico trasformato in rimborso elettorale, i soldi che girano non si sa dove vanno a finire, vedi i casi Lusi, Lega Nord…”.

-PCI, Mani Pulite e il sogno di Craxi-
Proseguendo nell’operazione verità, Altissimo spiega come mai dall’inchiesta Mani Pulite furono praticamente esentati il Pci, l’Msi, la sinistra Dc e una imprenditoria camaleontica e contigua alla sinistra, come nel caso dell’Ingegnere De Benedetti “ ad un certo punto però i magistrati sembrarono decidere tutti insieme ( mentre nella seconda metà degli anni ottanta l’inchiesta sui fondi neri dell’Iri che portava anche al Pci e affidata al magistrato Gherardo Colombo non si sa che fine fece…) quelli di destra come quelli di sinistra, che fosse giunto il momento di dare un duro colpo alle forze di governo. Quel colpo che le opposizioni non erano riuscite a dare in cinquant’anni . Per far questo la magistratura ha di fatto ignorato ciò che avveniva a sinistra , chiudendo un occhio e anche due, sui trasferimenti di Mosca, il cosiddetto “ oro di Mosca ”, o quelli provenienti dalle cooperative rosse, derubricando invece il dossier Mitroklin. Si fece apparire tutto come semplici casi di corruzione, non distinguendoli dal finanziamento ai partiti o anche ai singoli, ma in funzione di finanziamento comunque della politica, i cui apparati di partito erano diventati sempre più costosi, anche per controbattere in Italia la macchina pesantissima del più grande partito comunista di tutto l’Occidente, ormai introdotto e consociativo in ogni ambiente, con migliaia di dipendenti in distacco sindacale in aziende pubbliche e private, come Enel, Fiat, i quali svolgevano stabilmente attività politica a favore del partito comunista”. L’onorevole, ricorrendo al pensiero di Cossiga , spiega le origini sociologiche e storiche della saldatura tra l’area del partito comunista che faceva riferimento a Violante, magistrato in prima linea negli anni del terrorismo e la corrente dei giudici di Magistratura Democratica, originariamente invece di visione liberale “ nasce così il partito delle procure e nella cultura della stessa base del Pci si afferma sempre più l’idea che può essere il magistero penale a cambiare la società” .
“Con la crisi del Pci, causata dalla caduta del muro di Berlino e l’implosione del partito comunista con il crollo dei consensi nelle elezioni del 1992, si profilava il possibile sorpasso del PSI - sostiene Altissimo - e il realizzarsi del sogno “mitterandiano” di Bettino Craxi di assorbire il Pci all’interno del Psi, come era avvenuto in Francia”.

-La disperazione dei quarantenni del Pci-
Cossiga, allora Presidente della Repubblica, aveva offerto, dopo il crollo del muro di Berlino e dissoltasi l’Unione sovietica, un nuovo compromesso storico ( denominata “autoassoluzione” dal Presidente) dopo quelli tra De Gasperi e Togliatti e tra Moro e Berlinguer, ma il partito comunista rispondeva addirittura tentando di incriminarlo, con le eccezioni di Macaluso, Chiaromonte e Giorgio Napolitano, quest’ultimo uscito perdente dalla lotta per la segreteria del partito alla quale fu invece preferito Natta. “ I quarantenni del partito, D’Alema, Veltroni, Fassino, Violante che avevano atteso pazientemente il loro turno per “contare” – riferisce Altissimo- nel Paese, vedevano profilarsi la prospettiva della fine delle loro speranze e ambizioni. Ma arriva la scossa nel 1992 con l’inchiesta Mani Pulite : il Paese per entrare in Europa doveva dismettere parte dell’apparato industriale dello Stato, per cui il mondo economico e finanziario aveva bisogno di una classe dirigente al governo del Paese con cui dialogare meglio che con Forlani e Craxi. A questo punto Violante lancia segnali di via alle procure e la sinistra, avallando il trasferimento del giudice Caselli a Palermo, punta anche all’incriminazione di Giulio Andreotti per mafia”.

-Opera moralizzatrice di Mani Pulite-
L’onorevole Altissimo smentisce un’altra favola, quella per cui tangentopoli avrebbe restituito moralità all’economia, affermando che “ chi ispirò e si avvantaggiò di quella fase giudiziaria e storica, oggi controlla grandi giornali, conta nella finanza e nei palazzi di potere, riuscendo a condizionare ogni elementare logica di mercato. Anzi, l’uscita di scena di molti concorrenti permise ad un ristretto gruppo di imprese, “protette” dal sistema, di fare guadagni immensi, senza peraltro dover compiere alcuno sforzo per modernizzarsi”.

-L’occasione persa delle privatizzazioni-
Altissimo racconta “ per rispettare i conti imposti da Maastricht, ai fini dell’entrata nell’euro del nostro Paese, il governo in carica di quegli anni dell’ex Pci D’Alema dovette ricorrere alle privatizzazioni di una parte del patrimonio pubblico. L’occasione fu ghiotta per l’imprenditoria “ amica”, come in diversi casi in cui beneficiario risultò essere l’Ingegnere De Benedetti. Si iniziò dal fallito assalto alla SME da parte dell’Ingegnere, che Prodi, allora Presidente della controllante Iri, aveva preferito rispetto a chi aveva presentato un’offerta 7 volte più vantaggiosa, gli americani della Heinz, produttrice del famoso Ketchup” “ sai Renato - gli giustificò il Professore- solo perché De Benedetti ha un taglietto sul pisello che altri non hanno”. “ Poi fu la volta dell’assegnazione a Omnitel, società di De Benedetti, del secondo gestore della telefonia mobile in Italia-ricorda Altissimo- ratificata con un decreto firmato dall’allora Ministro del Tesoro Ciampi a urne ancora aperte. Quindi l’affare che portò la società Infostrada, sempre dell’Ingegnere, ad acquisire la rete telefonica delle Fs, pagandola una miseria , 700 miliardi di lire, per di più dilazionati in 14 anni e poi dopo poco tempo rivenduta ai tedeschi di Mannesmann per 14 mila miliardi di lire, una somma mostruosa”. Nelle vicende Telecom ( sempre di quel periodo la vicenda parallela di Telekom Serbia )Altissimo evidenzia l’attivismo sospetto del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, che sostanzialmente diede il via libera alla scalata della compagnia telefonica da parte di Roberto Colaninno, che aveva rilevato la società Olivetti da De Benedetti, e la maxiconsulenza di Tronchetti Provera al manager bancario Consorte, amico degli ex Pci.
Medesimi copioni per le privatizzazioni Seat- Pagine Gialle, Autostrade che andarono ai Benetton e le Banche di Stato destinate alle Fondazioni bancarie filogovernative.
Insomma un assalto alla diligenza e una svendita del patrimonio industriale pubblico che poteva abbattere decisamente il debito pubblico e che invece lo alimentò .

-Falcone e zona grigia Stato-mafia-
Un capitolo a parte viene dedicato alla memoria di Giovanni Falcone e la zona grigia tra Stato e mafia.
Significativa la circostanza che Altissimo riporta, citando la memoria di Cirino Pomicino, secondo la quale il giudice siciliano prima di essere ucciso, stesse collaborando con il procuratore di Mosca, Valentin Stepankov, sui fondi del KGB, il servizio segreto sovietico. Dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio nessuno però seguì quella pista che portava ai segreti bancari di San Marino .

-Tangentopoli e media-
Riguardo al ruolo dei media nella vicenda tangentopoli si è già detto che, a parere di Altissimo, questi cavalcarono opportunisticamente l’onda giustizialista, anche per assecondare propri interessi o per spirito di partito e a dimostrazione di questo stretto legame il politico porta l’esempio della presenza di un giornalista filocomunista, Ezio Mauro, alla direzione del giornale degli Agnelli, la Stampa di Torino, giustificata a lui dall’Avvocato in questo modo
“ perché un comunista in redazione val bene la pace in fabbrica”. D’altronde la sinistra aveva occupato molte posizioni di comando inserendo centinaia di giornalisti, molti dei quali in contatto diretto con le Procure.
-Bettino Craxi-Il libro, come già detto, è ricco di sconosciuti dietro le quinte che riguardano tanti vecchi e nuovi campioni della politica nazionale, dell’imprenditoria e della finanza. Per quanto riguarda la vittima più prestigiosa di Tangentopoli , Bettino Craxi, Altissimo sviluppa la tesi, supportata dalla testimonianza di Paolo Cirino Pomicino, che il segretario dei socialisti avrebbe impedito quell’assalto alla diligenza delle privatizzazioni e che anzi rifiutò una proposta/patto dal finanziere laico Enrico Cuccia, che gli offriva in cambio l’appoggio di tutta la borghesia azionista e anticlericale contro la finanza cattolica. Questo rifiuto molto probabilmente, secondo Altissimo, gli fu fatale.

-Il futuro-
Ma in Altissimo c’e’ la paura che la stagione di Tangentopoli possa ripetersi, giacchè si parla di nuovo di vendita di patrimonio pubblico e quindi così chiosa “ magari con un governo amico a Palazzo Chigi qualche neo campione delle privatizzazioni si potrebbe far vivo ”.

- da un mio articolo su Spinningpolitics
IN ALTO LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO IN GALLERIA COLONNA A ROMA : DA SINISTRA VITTORIO SGARBI, RENATO ALTISSIMO, GAETANO PEDULLA'


Nessun commento:

Posta un commento