L’art. 40, lett. C, del d.lgs. 151/2001 (T.U. maternità/paternità) prevede che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi giornalieri “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”.
In attuazione della citata disposizione, l’Inps, in varie circolari, aveva ritenuto che per madre “lavoratrice non dipendente” dovesse intendersi la madre “lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola, parasubordinata, libera professionista) avente diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell’Istituto o di altro ente previdenziale” e non anche la madre casalinga, con conseguente esclusione, in tale ultima ipotesi, del diritto del padre a fruire dei riposi giornalieri salvi, ovviamente, i casi di morte o grave infermità della madre .
Con sentenza n. 4293 del 9 settembre 2008, il Consiglio di Stato, Sez. VI, ha dedotto, in via estensiva, che la ratio della norma in esame, “volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio”, induca a ritenere ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre anche nel caso in cui la madre casalinga, considerata alla stregua della “lavoratrice non dipendente”, possa essere tuttavia “impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato”. Anche il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, nel condividere l’orientamento giurisprudenziale espresso dal Consiglio di Stato nella citata sentenza , ha ritenuto che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi giornalieri anche nel caso in cui la madre svolga lavoro casalingo.
Il nuovo indirizzo maturato nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, va letto anche alla luce di quanto previsto dalla lett. D, dell’art. 40 sopra citato, ai sensi del quale il padre lavoratore dipendente fruisce dei riposi giornalieri nel caso in cui la madre, anche se casalinga, sia oggettivamente impossibilitata ad accudire il neonato perché morta o gravemente inferma.
fonte :Inps, Circolare 15.10.2009 n. 112.
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