venerdì 15 luglio 2011

IL COMPASSSO D'ORO PER LA PRIMA VOLTA IN SARDEGNA COL PROGETTO "DOMO" DELLA CASA EDITRICE ILISSO


Il progetto multidisciplinare "DOMO", svoltosi in ambito regionale e presentato lo scorso aprile al Salone del mobile di Milano, ottiene un importante riconoscimento nazionale con l'attribuzione del "Compasso d'Oro 2011". A ricevere l'ambito premio Vanna Fois, Anna Pau e Annalisa Cocco(designer e coordinatrice del corso di product design allo IED di Cagliari, giù con me nella foto) che, insieme a Roberta Morittu, Giuliana Altea e Antonello Cuccu, hanno curato "Domo" per Ilisso.
Che cos'è Domo? «È un progetto del 2009 in occasione della XIX Biennale dell'artigianato sardo», ha spiegato la curatrice nuorese Vanna Fois «prevedeva la realizzazione di 89 progetti che hanno dato vita a oltre 250 manufatti per 11 differenti ambiti artigiani con il coinvolgimento di 60 botteghe regionali e 33 designer di differenti specializzazioni e nazionalità». Manufatti che discendono da arcaica cultura materiale sarda, oggetti intimamente legati alla natura dell'Isola, messi in relazione con le istanze più aggiornate del design e del gusto.Sotto la regia dell'Ilisso hanno contribuito grafici, storici dell'arte, critici, fotografi. Tutto il lavoro è confluito in una mostra che si è svolta a Sassari negli spazi dell'ex Convento del Carmelo tra giugno e agosto del 2009 e infine in un grande catalogo.
Il volume (un vero libro-oggetto che entra a far parte della collezione storica del Compasso d'Oro ADI e che è in mostra nelle vetrine dei premiati al Macro) rende conto di ogni passaggio, ponendosi a testimone di un percorso complesso. «Il titolo Domo scelto per la mostra - ha concluso Vanna Fois - rende omaggio all'epicentro simbolico della cultura della Sardegna, la casa».
In alto nella foto il LIBRO-oggetto
-nella foto sotto la designer Annalisa Cocco

A CAGLIARI CENSURATO LO SPETTACOLO "CAMP" DELLE "LUCIDO SOTTILE"


Dopo l'annullamento da parte della Provincia di Cagliari dello spettacolo previsto all'Orto Bottanico dal 15 al 17 Luglio la compagnia delle Lucidosottile rilascia questa dichiarazione che pubblico integralmente!

"Ringraziamo l'Assessore Provinciale alla Cultura, Francesco Siciliano, per il suo accorato sostegno, e la sua offerta di mettere a disposizione della nostra Compagnia uno spazio alternativo all'Orto Botanico, ma lo spettacolo "Holy Peep Show" è stato concepito, scritto e studiato appositamente per quello spazio, e un suo spostamento comporterebbe un sensibile aggravio dei costi di produzione (relativi alla parte tecnica) che non siamo in grado di sostenere. A questo punto siamo dunque disposti a rinunciare al contributo di undicimila euro che ci era stato concesso dalla Provincia di Cagliari, proprio per evitare di aggravare la nostra situazione economica. Peraltro, l'annullamento dello spettacolo ci costerà 17 mila euro, cioè un terzo del contributo che annualmente ci viene riconosciuto dalla Regione Sardegna per la nostra attività. A questo punto, uno spostamento in uno spazio diverso dall'Orto Botanico aggraverebbe soltanto la situazione.

I rapporti con l'Orto Botanico sono sempre stati chiari: il via libera all'operazione "Holy Peep Show" è arrivato nel mese di maggio.

I problemi sono sorti la settimana scorsa con l'uscita dei manifesti "sei per tre". A quel punto ci è stato richiesto di cambiare l'immagine che presentava lo spettacolo. In caso contrario, ci è stato comunicato che l'Orto Botanico non sarebbe stato più nella nostra disponibilità. Solo dopo il nostro rifiuto a cambiare l'immagine dello spettacolo (cambio che avrebbe comportato anche un'ulteriore spesa economica) è arrivata la motivazione del Rettore dell'Università di Cagliari, Giovanni Melis, secondo cui l'Orto Botanico (concesso senza problemi negli ultimi mesi ad altre compagnie e associazioni culturali) non sarebbe agibile.

Ora noi chiediamo al Rettore di intervenire sulle cause dell'inagibilità e consentirci di portare in scena lo spettacolo all'Orto Botanico, così come concordato da mesi con i responsabili della struttura. A questa produzione la nostra compagnia lavora da due anni, coinvolgendo 67 professionisti.

La nostra compagnia è dal 2004 è riconosciuta dal MIBAC e un nostro rappresentante siede nel Consiglio Direttivo Nazionale della sezione Agis Danza. Siamo una realtà conosciuta ed apprezzata a livello nazionale, come testimonia la nostra attività e la nostra rassegna stampa.

La cancellazione dello spettacolo metterà in seria difficoltà la nostra Compagnia. Per questo chiediamo a tutte le forze politiche e sociali che credono nella libertà dell'espressione artistica, ai nostri colleghi e ai cagliaritani, di convincere il Rettore Melis a rivedere la sua decisione e a consentirci di portare in scena regolarmente "Holy Peep Show" dal 15 al 17 luglio."

LO SPETTACOLO:
Holy Peep Show è contaminazione tra tre dimensioni: la cultura religiosa "popolare"stereotipata e annidata nella coscienza collettiva occidentale, la fiaba di Pinocchio di Collodi, ricca di simbologia e fortemente legata agli archetipi più vicini alla sociologia attuale, e la rielaborazione provocatoria e irriverente poetica della compagnia LucidoSottile, che sceglie di giocare con gli archetipi dei personaggi della fiaba italiana più conosciuta nel mondo, per connetterli ad alcune delle più suggestive figure sacre della spiritualità cristiano- cattolica.
Lungo gli otto camminamenti del percorso guidato dai Padri Spirituali, i personaggi nelle stazioni di apparizione assumono forma, carattere, personalità, e si "manifestano" in tutta la loro umana/sacralità.
I Padri Spirituali, di una religione non definita, ironicamente vicina al New Age e alle innumerevoli correnti legate alle " scuole di illuminazione", accolgono il pubblico (i pellegrini), e lo guidano attraverso l'Orto Botanico in direzione delle postazioni dove si incontreranno personaggi come Santa Agata Maria Mercedes Lopez nell'interpretazione del Grillo Parlante, San Francesco nei panni di Geppetto, I tre pastorelli di Fatima nel Campo dei Miracoli, una danzante Bernadette / La Balena o "il terribile pesce cane" come scrisse Collodi, impreziosita da una istallazione in cima alla fontana Pampanini realizzata dal pittore e writer, Federico Carta noto Crisa. Per arrivare poi a Gesù nel ruolo di Pinocchio, Sant'Efisio come Lucignolo nel paese dei Balocchi, fino a passare nel campo dei cactus spinati dove troveremo i Santi Padri Pedofili nel ruolo del Gatto e la Volpe, per concludersi con La Madonna che interpreta il ruolo della Fata Turchina.
Tante sono le suggestioni, i velati riferimenti, quanto le provocazioni, esplicite o suggerite dalle LucidoSottile, Tiziana Troja e Michela Sale Musio, note al pubblico come Le Lucide. Aspra è la loro polemica contro le ultime dichiarazioni della Chiesa Cattolica in merito ai fatti di cronaca recenti, riguardanti gli occultamenti degli episodi di pedofilia, gli scandali sessuali, lo sperpero di denaro, trasformazione dei luoghi deputati alla preghiera in vere e proprie mete commerciali, che ben poco hanno in comune con la spiritualità.
Risultano visibili e semplici, i raccordi registici e le simbologie che vedono tra gli altri una Bernadette, figura purissima strumentalizzata e torturata dalle suore compagne del convento, invidiose delle sue visioni, aggirarsi confusa a racimolare denaro per dare sostentamento al suo paesello (Lourdes) che le LucidoSottile simboleggiano nella "Balena che tutto divora" , il pesce, simbolo della religione cattolica, evidenziando la sua brama continua ad accumulare ricchezze materiali, a dispetto della reale situazione di povertà che dilaga nel mondo.

Un generoso San Francesco, spirito guida della compagnia LucidoSottile, che si spoglia per donare i suoi vestiti da ricco borghese ai poveri, e decidendo di dedicare la sua vita alla preghiera in povertà, così Geppetto , diventato padre ,si priverà della sua giacca, unico riparo per il gelido inverno, per nutrire suo figlio neonato e affamato; e Gesù/Pinocchio, nei panni di un politico intento a ripassare il suo discorso pre-ettorale, pregno di promesse impossibili, sotto lo sguardo attento e i consigli di Maria Maddalena che lo invita ad essere il più sincero possibile, per il bene dell'umanità.
Cinquanta prestigiosi interpreti nel cast artistico, tra cui spiccano i Sikitikis, le Balentes, Ombretta Pisanu, gli attori:Angelo Trofa, Valentina Fadda, Vanessa Podda del Gruppo Batisfera, Andrea Ibba Monni e Gà di Ferai Teatro, Antonella Puddu, Daniele Meloni. I danzatori: Valentina Puddu, Michela Laconi ,Gabriele Vaccargiu. Dayana Drag Queen e Tina Pika Drag. Ilenia Cugis, Susy Monni, Alberto Lorrai, Margherita Delitala e numerosi altri insieme ad una ventina di comparse di questo villaggio incantato.
La grafica e l'immagine di Holy Peep Show sono curate da Daniele Coppi.
Dieci tecnici tra Sound Design, Light Design e assistenti.

Una produzione "gigantesca" per una compagnia, che nonostante i successi di pubblico e di critica nazionale, i numerosi riconoscimenti, non riesce a farsi spazio nell'impelagato mondo degli affidamenti alla Cultura della Regione Sardegna.
IL VIDEO di PROTESTA

giovedì 14 luglio 2011

NY: Change by US . La città cambiata da noi


Per i cittadini di New York è on line la piattaforma Change by Us NYC, insieme alle informazioni sui primi bandi. Tra questi l'annuncio di un prossimo bando attraverso cui il Comune e il Comitato dei cittadini di New York City stanziano dai 20 ai 40 finanziamenti, ciascuno di un ammontare compreso tra i 500 e i 1000 dollari, per progetti che con la partecipazione dei cittadini rendano la città più bella e più verde
Change by Us NYC dunque è la nuova iniziativa dell’amministrazione comunale di New York City, città che più di altre - sul forte commitment di Bloomberg (il sindaco) - sta sperimentando il paradigma dell’open government attraverso un concreto e crescente connubio tra tecnologia e partecipazione. In questo senso la piattaforma Change by Us NYC aggiunge un tassello ad una strategia più ampia e decisamente innovativa dell’amministrazione newyorkese, il cui sindaco – non a caso - ha scelto tra i suoi più stretti collaboratori il co-autore del pluricitato “Governing by Network: The New Face of the Public Sector” (pubblicato in Italia da IBL con il titolo "Governare con la rete") nonché pioniere dell’approccio locale al “reinventing government” ed ex sindaco di Indianapolis, Stephen Goldsmith.
Cosa è Change by US NYC
Molto semplicemente, Change by US NYC è un posto virtuale dove gli abitanti di New York possono trasformare le loro idee in azioni, creando dei progetti e costruendo dei team di lavoro per rendere la città un posto migliore in cui vivere. Per cominciare - spiegano i facilitatori del processo - stiamo chiedendo ai cittadini come rendere la nostra città più verde. La piattaforma web su cui poggia Change by US NYC è stata creata da Local Projects – azienda di media design - ed è gestita dalla Municipalità di New York, Ufficio del Sindaco.
Cosa permette di fare
Sul blog dell’iniziativa Change by US NYC, si spiega che attraverso la piattaforma ciascuno può seguire una serie di step in un processo semplice che gli permetterà di trasformare la propria idea in un progetto condiviso e utile per tanti. Così viene presentato Change by US NYC ai cittadini newyorkesi.
Condividere idee Dall'Ufficio del sindaco si dicono convinti che i newyorkesi sono da sempre ricchi di grandi idee su cosa potrebbe rendere migliore il proprio quartiere. Ora, continuano, ciascuno può usare Change by Us NYC per comunicare agli altri cosa ha in mente. Nessuna idea è troppo grande, nessuna è troppo piccola.
Partecipare o creare progetti. Ciascuno può cercare un progetto che gli permetta di fare qualcosa di utile nel proprio quartiere o in giro per la città. Una volta identificato il progetto che fa per sé, ciascuno può diventare un membro del team, entrando in rete con quanti vogliono impegnarsi nella stessa azione. Change by Us può essere usato anche per mettere in piedi e guidare un nuovo progetto…così che ognuno ha la possibilità di trasformare la propria idea in realtà.
Costruire team di lavoro Ogni newyorkese puo usare Change by Us NYC per entrare facilmente e con rapidità in contatto con le persone che collaboreranno al progetto, dalla sua nascita al suo compimento.Capita infatti - spiegano gli ideatori - che qualcuno abbia l’idea, qualcuno il piano, qualcun'altro gli strumenti…e che insieme ci si completi.
Trovare le risorse Change by Us NYC può essere utilizzato per venire a conoscenza ed entrare in contatto con i programmi di finanziamento pubblici e di enti del terzo settore che possono sostenere il progetto, aumentandone le chances di successo. In qualsiasi momento qualcuno avesse bisogno di accedere a un servizio del Comune o di trovare qualche informazione su scala locale - rassicurano dal Comune - troverà risorse pronte per fornire guida e tutoraggio
Ancora in ottica 2.0, i facilitatori del processo hanno aperto un account di posta elettronica a cui chiunque abbia idee su come rendere Change by Us NYC più facile da usare e più efficace può scrivere.

Nel presentare la piattaforma, dall’Ufficio di Bloomberg sottolineano che l’amminisitrazione di New York è orgogliosa di lavorare a questo progetto in partnership con il Comitato di Cittadini per la Città di New York, il Pratt Center per il Community development e il Servizio Forestale degli Stati Uniti.

mercoledì 13 luglio 2011

XXII COMPASSO D'ORO 2008-2010 : TRA I PREMIATI ANCHE LA SARDEGNA



Il premio Compasso d'Oro, fondato da La Rinascente nel 1954 da un'idea di Gio Ponti e successivamente ceduto all'ADI (Associazione per il Disegno Industriale), ha celebrato quest'anno la sua XXII edizione premiando i migliori prodotti, servizi, studi e ricerche del triennio 2008-2010. La premiazione è avvenuta ieri pomeriggio al MACRO di Roma, nella sede del Testaccio, la Pelanda.
Le regole del premio, ormai consolidate dalla XIX edizione, prevedono una preselezione operata da un Osservatorio Permanente del Design, composto da esperti di settore che hanno il compito di monitorare la situazione del design italiano e i cui risultati confluiscono nei volumi annuali ADI Design Index. Solo all'interno dei progetti pubblicati negli Index la giuria internazionale nominata dall'ADI opera le sue scelte.
Quest'anno, presieduta da Arturo Dell'Acqua Bellavitis (Italia) e composta da Chantal Clavier Hamaide (Francia), Umberto Croppi (Italia), Guto Indio Da Costa (Brasile), Pierre Keller (Svizzera), Cecilie Manz (Danimarca), Clive Roux (USA), Shiling Zheng (Cina), la giuria ha assegnato 19 premi a prodotti, mentre 9 premi alla carriera, 3 premi internazionali e 1 premio speciale sono stati conferiti direttamente dal comitato esecutivo ADI. Inoltre, uno speciale comitato ha assegnato 3 premi Targa Giovani, riservati agli studenti delle scuole di design.
Ecco la lista completa dei 19 Compassi d'oro 2011
1. Pasta Pot di Patrick Jouin per Alain Ducasse per Alessi (Index 2008)

2. Tonale di David Chipperfield per Alessi (Index 2010)

3. Steelwood Chair di Ronan&Erwan Bouroullec per Magis (Index 2008)

4. Smith di Jonathan Olivares per Danese (Index 2008)

5. Myto di Konstantin Grcic per Plank Collezioni (Index 2008)

6. Teak Table di Alberto Meda per Alias (Index 2008)

7. Fiat 500 di Fiat Group Automobiles Design per Fiat Group Automobiles (Index 2008)

8. Hope di Francisco Gomez Paz, Paolo Rizzatto per Luceplan (Index 2010)

9. DRM Design Research Maps di Stefano Maffei, Paola Bertola, Massimo Bianchini, Beatrice Villari (Dipartimento INDACO – Politecnico di Milano) per Rete SDI - Sistema Design Italia, CPD- Conferenza dei Presidi di Design, CDD –Coordinamento dei Dottorati in Design (Index 2008)

10. Frida di Odoardo Fioravanti per Pedrali (Index 2009)

11. Napoli Teatro Festival Italia di Tassinari/Vetta - Leonardo Sonnoli e/and Paolo Tassinari per Fondazione Campania dei Festival (Index 2009)

12. Multiverso - Icograda Design Week Torino 2008 di Zup Associati per AIAP (Associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva) e/and Icograda (International Council of Graphic Design Associations) (Index 2009)

13. Nuur di Simon Pengelly per Arper (Index 2010)
14. Elica di Brian Sironi per Martinelli Luce (Index 2010)
15. Yale di Jean-Marie Massaud per MDF Italia (Index 2010)
16. Domo XIX Biennale dell'Artigianato Sardo di Italo Antico, Alessandro Artizzu, Lee Babel, Berselli Cassina Associati, Andrea Bruno, Vittorio Bruno, Maria Calderara, Annalisa Cocco, Antonello Cuccu, Adriana Delogu, Lia Di Gregorio, Angelo Figus, Giuseppe Flore, Antonio Fogarizzu, Valentina Follo, Giulio Iacchetti, Nilla Idili, James Irvine, Setsu & Shinobu Ito, Ugo La Pietra, Marta Laudani e/and Marco Romanelli, Paolo Marras, Tomoko Mizu, Roberta Morittu, Palomba Serafini Associati, Eugenia Pinna, Gianfranco Pintus, Pierluigi Piu, Florence Quellien, Salvatore+Marie, Alessio Tasca, Paolo Ulian, Nanda Vigo per Ilisso Edizioni (Index 2010)
17. Rossa. Immagine e comunicazione del Lavoro 1848-2006 di N!03 con Stefano Vellano, Luigi Martini per Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario CGIL (Index 2008)

18. Sunset di Hangar Design Group per Movit - Pircher Oberland (Index 2008)
19. Lab 03 di Ludovica + Roberto Palomba per Kos (Index 2009)

Inoltre sono stati assegnati 77 menzioni d’onore. A questi si aggiungono 9 premi alla carriera a protagonisti del design italiano, 3 premi assegnati a figure internazionali e un premio speciale. Infine, 3 targhe e 10 attestati ai migliori progetti realizzati dagli studenti delle scuole di design italiane.

SITO web ADI

mercoledì 6 luglio 2011

MILANO,Triennale Design Museum :" LA FABBRICA DEI SOGNI", la storia del design italiano in mostra


In occasione del 50esimo anniversario del Salone del Mobile 2011, la Triennale ha inaugurato una mostra per celebrare gli imprenditori/designer italiani dal dopoguerra ad oggi.
La fabbrica dei sogni; Uomini,Donne, idee, imprese e paradossi delle fabbriche del design italiano, è il nome della mostra che dal 5 aprile si è aperta fino al 26 febbraio 2012.
Un percorso interattivo tra i volti e gli oggetti che hanno segnato il Design italiano
sito Triennale
il video

martedì 5 luglio 2011

LA POLITICA OGGI: " MENO APPARTENENZA E PIU' PARTECIPAZIONE". INTERVISTA AL MASSMEDIOLOGO MICHELE SORICE


Oltre ad insegnare Comunicazione Politica e Sociologia della Comunicazione presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma, il Professor Michele Sorice dirige, nel medesimo ateneo, il Centro Studi su Media e Comunicazione “Massimo Baldini”. Sempre all’interno del mondo Luiss, insegna inoltre alla Luiss Writing School e alla Scuola di Giornalismo anch’essa intitolata alla memoria di Massimo Baldini. E ed è proprio dal ricordo del silenzioso e riservato docente scomparso improvvisamente qualche anno fa, che desideriamo iniziare quest’intervista.
1) Professor Sorice, il suo collega Massimo Baldini amava sostenere che una comunicazione felice è soprattutto amore del silenzio. Un messaggio che stenta ad affermarsi in un contesto in cui, dalle piattaforme tradizionali della politica fino a quelle più innovative promosse dalla rete, sembra prevalere invece l’amore per il chiacchiericcio e la polemica sterile ma ad ogni costo. Come ovviare a questa tendenza?
La tendenza al “rumore” è strettamente connessa ai processi di mediatizzazione. I media tendono a essere pervasivi e a moltiplicare, talvolta in maniera ridondante, informazioni, commenti, punti di vista, dichiarazioni propagandistiche, azioni pubblicitarie e così via, tutte confuse in un unico grande flusso. L’offerta e la domanda di comunicazione crescono in maniera esponenziale: si tratta di un processo inevitabile. Massimo sapeva benissimo che eliminare il rumore è impossibile ma proprio per questo perseguiva il silenzio come momento di discernimento, come una specie di grimaldello per forzare la porta della comunicazione che, a causa dell’eccesso comunicativo, rischia di nascondersi alla nostra vista.
Il legislatore era stato previdente e accorto: il “silenzio elettorale”, quello che precedeva (e teoricamente ancora precede) la giornata delle elezioni, serviva proprio a questo. Si trattava di uno spazio simbolico in cui al rumore si sostituiva un silenzio fatto di ragionamenti pacati in famiglia o fra amici. Quel silenzio – per quanto simbolico – costituiva (dovrebbe costituire) il momento in cui le passioni venivano ricondotte alla serenità del ragionamento. Purtroppo anche quello spazio simbolico di silenzio viene spesso invaso dal “rumore” dell’informazione. Il rischio è che nel caos entropico, alla fine non si capisca più niente. Non è un caso che chi ha pochi argomenti preferisca il rumore della rissa mediatica o delle tante macchine del fango (che sono un altro modo per provocare rumore e quindi impedirci di comprendere le cose).

2) In occasione delle recenti elezioni amministrative e ancor più in seguito ai risultati referendari, si è spesso posto l’accento sull’importanza assunta dai social network nel determinare i processi politici. Non le sembra invece che questo fenomeno sia stato un po’ troppo enfatizzato e, di conseguenza, siano state sottovalutate le reali motivazioni di una partecipazione popolare così massiccia?

Io credo che, come spesso accade, si sia operata una semplificazione di un processo però realmente importante. I social network non determinano processi politici ma possono giocare un ruolo molto importante nella costruzione di connessioni fra soggetti, possono in altre parole diventare uno spazio sociale di condivisione di esperienze e idee nonché uno strumento per l’attivazione di azioni di partecipazione sociale sul territorio. Detto in maniera un po’ semplificatoria: ci sono quelli che ritengono che i social media siano ininfluenti o quasi (è la posizione di molti studiosi, come per esempio Morozov che aveva fatto quest’analisi sul ruolo di Twitter e Facebook nelle rivoluzioni del Nord Africa), poi ci sono quelli che pensano che i social media rappresentino l’unica chiave di sviluppo della partecipazione sociale (posizioni iper-ottimistiche molto diffuse nella “narrazione” che la stessa rete a volte fa di se stessa); infine ci sono quelli che pensano che la rete rifletta una tensione presente nella società e siano però fondamentali nel processo di costruzione delle “architetture” di partecipazione. Ecco, io faccio parte di questa terza corrente, se così la vogliamo chiamare, di ricercatori.
La gente ha sentito il bisogno di partecipare perché avvertiva che i problemi rappresentati dai quesiti referendari li toccavano sulla propria pelle. E anche perché sta nascendo – soprattutto nei giovani – un’attenzione alla politica, una politica che è meno “appartenenza” e più partecipazione. Non si tratta di una tendenza costruita dai social network (e ai referendum peraltro hanno votato tantissimi anziani che difficilmente rappresentano il “popolo della rete”); al tempo stesso, però, è innegabile che il web 2.0 abbia favorito l’espressione di idee e contribuito alla legittimazione del valore della partecipazione. Un valore, peraltro, ribadito dal Presidente della Repubblica.

3) I principali partiti italiani – di maggioranza e di opposizione – vivono attualmente una fase di riorganizzazione e ridefinizione degli organigrammi interni, con grande fibrillazione tra i vari gruppi dirigenziali in un certo qual modo percepiti come dominanti. All’esterno invece, si tende a voler imporre un’immagine di coesione generale e complessiva unità di intenti. Cosa accade realmente nel sistema partitico italiano?

L’intero sistema politico italiano sta attraversando una fase di profonda riorganizzazione. La logica dell’appartenenza ideologica, che animava la politica del secondo dopoguerra fino alla fine degli anni Settanta, si è dissolta con il declino dei partiti-chiesa e con l’implosione delle grandi ideologie ottocentesche. C’è stata poi la fase della politica come rappresentazione; alla rappresentanza ideologica si è sostituita la rappresentazione mediatica. Un processo che inizia ben prima di Berlusconi, già con Craxi, e che trova nella televisione lo spazio deputato alla sua crescita: spettacolarizzazione, personalizzazione dell’attività politica, centralità delle strategie di marketing. Si tratta di una fase che è ancora in corso ma che si scontra con una nuova tendenza: quella del ritorno alla politica come rappresentanza. Non più rappresentanza simbolica (cioè ideologica) bensì rappresentanza di interessi diffusi, trasversali, a volte persino solidaristici. La politica come rappresentazione mediatica alimenta e sfrutta meccanismi un po’ egoistici di tipo “NIMBY”, la riscoperta della rappresentanza di interessi plurali potrebbe incrementare spinte verso legami di solidarietà. Insomma, politica come partecipazione sociale.
Naturalmente si tratta di tendenze appena accennate che andranno verificate. Ecco, in questo quadro, i partiti sembrano ancora legati alle vecchie logiche; in parte quella della rappresentanza ideologica e, per la maggior parte, quella della rappresentazione puramente mediatica. Non riescono a intercettare i bisogni sociali e fanno fatica a rappresentare le nuove emergenze: daslla mancanza di speranza verso il futuro di molti giovani alle sensibilità ambientali, dal rinnovato protagonismo delle donne a bisogni collettivi di tipo culturale.
Da qui le spaccature interne ai partiti, con soggetti che cercano di interpretate (o a volte semplicemente inseguire) alcuni strati della società; il nuovo che cerca di abbattere il vecchio (ma spesso usando le stesse prassi politiche) e così via. I media accentuano l’immagine un po’ stantìa dei partiti e questo incrementa una disaffezione che è già forte e che, come dicevo, è connessa anche a un bisogno di partecipazione sempre meno ancorato all’appartenenza.
In questo quadro i partiti dovrebbero tornare a fare formazione, formazione alla politica nel senso più alto e nobile e non “recruiting” travestito da formazione. Un caso emblematico: uno dei pochi esempi seri di formazione politica è quello dell’Officina Politica del Pd. Bene: i media hanno ironizzato e lo stesso partito non sembra (almeno a leggere dai giornali) averla presa molto seriamente. E invece è quella – anche per altri partiti forse – la strada da seguire. L’azione politica spesso viene dallo studio serio della società e dei suoi problemi e da un progetto condiviso sulla società.


4) Le ideologie novecentesche ci hanno abbandonato ormai da un pezzo, lasciando aperti ampi spazi liberi che tutti i partiti hanno cercato di riempire in vari modi. La personalizzazione della politica ha fortemente inciso su questo processo, imponendo la figura del leader come centro propulsivo di qualsiasi azione partitica. Esistono nel nostro paese dei veri e propri leader in grado di (ri)mobilitare le masse colte da disaffezione nei confronti di un mondo – quello della politica, giustappunto – che appare loro distante ed autoreferenziale?

Il processo di personalizzazione della politica si accompagna alla crescita di centralità della figura del leader, vero e proprio principe democratico come lo definisce giustamente Sergio Fabbrini. In realtà la figura del leader si è imposta anche grazie alle trasformazioni istituzionali che abbiamo avuto, alcune formali (come nel caso del Titolo V della Costituzione) altre di fatto o effetto di percezione sociale. Bisogna poi aggiungere la crescente specializzazione e complessificazione delle società avanzate, che richiedono decisioni semplici e immediate a fronte di una macchina organizzativa sempre più diffusa e complessa. Non è un fenomeno solo italiano e ne sono affetti anche i sistemi di tipo parlamentare basati sui partiti (come, per intenderci, quello britannico e, seppur diversamente, quello italiano).
In realtà, come abbiamo detto, la disaffezione è verso i partiti non certo verso la partecipazione sociale, su cui anzi (come abbiamo visto per i recenti referendum) c’è una crescita d’interesse.
I leader italiani spesso non hanno molte delle caratteristiche del leader politico della modernità, dal carisma weberiano alle competenze specializzate e alla capacità mediatica. Il caso Berlusconi rappresenta un’eccezione ed è costruito su una forte mediatizzazione dell’immagine e del corpo del leader. Bisogna poi fare attenzione a non confondere le figure di leader con quelle di capi populisti: si tratta di fenomeni che, pur producendo risultati simili, sono abbastanza diversi. Sicuramente una figura efficiente di leader (anche rispetto alla propria autorappresentazione) è quella di Nichi Vendola. Al momento, però, mi sembra ancora un leader che smuove sì segmenti ampi e nuovi della società italiana ma non ancora le grandi masse.

5) Soffermiamoci un istante a riflettere sullo stato di salute dei due maggiori schieramenti politici tuttora esistenti. Il Pdl, dopo la nomina a segretario politico di Angelino Alfano, deve necessariamente diventare “partito” se desidera scongiurare un’implosione. Il Pd sembra incapace di sfruttare il vento di cambiamento nato di recente proprio nelle piazze virtuali di Facebook e Twitter. Cosa prevede per il futuro del centrodestra e del centrosinistra?

Difficile dirlo con nettezza perché la situazione è molto fluida. Il Pdl, anche con la nomina del ministro Alfano a segretario politico, resta un partito personale e d’altra parte non può essere altrimenti. Riuscirà a trasformarsi in partito più strutturato solo quando Silvio Berlusconi abbandonerà la politica attiva (o comunque svolgerà ruoli diversi). C’è da dire, però, che il collante rappresentato dal leader non potrà essere sostituito da una semplice organizzazione strutturale. Il rischio, per il Pdl, è la sua frammentazione o, almeno, la sua ricollocazione; è infatti un partito molto differenziato al suo interno, come lo era la Dc. Ma con una differenza fondamentale: la Dc trovava nei valori del popolarismo e, in parte, del cattolicesimo democratico il suo collante culturale; il Pdl lo ha nella figura di Berlusconi.
Diverso il caso del Pd, che è un partito nuovo. Non è la semplice fusione delle tradizioni democratico-cristiana e di quella comunista ma un soggetto che da quelle storie sviluppa un nuovo progetto politico. Ha quindi bisogno di tempo per costruire la propria identità: questo è il suo più grande problema. Non riesce, infatti, ad assumere una definizione del proprio stesso ruolo e della sua posizione. Il Pd ha tre prospettive. La prima è quella di provare a cavalcare le nuove emergenze sociali: sarebbe un errore e provocherebbe un effetto boomerang pauroso. La seconda è quella di provare a costruire un nuovo progetto di tipo politicistico: il rischio in questo caso è che i suoi stessi elettori non lo capiscano. La terza è quella di lasciarsi ibridare dalle nuove esperienze di partecipazione, diventare il collettore aperto, la cornice di nuovi bisogni di accesso alla politica. Quest’ultima potrebbe essere una strategia vincente ma ha bisogno che il Pd abbandoni le vecchie logiche della politica tradizionale e adotti anche un linguaggio nuovo. Le primarie potrebbero essere uno strumento importante, a patto che il Pd si ponga come garante e “padre nobile” e non come parte in causa.
Insomma, mi sembra che i partiti più importanti facciano – per motivi diversi – un po’ di fatica a interpretare i cambiamenti.

6) Recentemente, Lei ha sostenuto che almeno simbolicamente, il leader ha bisogno di un popolo ed il popolo di un leader. Se vale questo assunto, dovrebbe venir meno la necessità di radicamento territoriale di qualsivoglia soggetto partitico. Quali rischi comporta quindi la totale identificazione dell’individuo politicizzato con il Principe?


La mia affermazione era legata a quanto dicevo prima a proposito della necessità di un leader in virtù della complessificazione della vita politica e del ruolo dei media come nuovo spazio pubblico. In realtà un leader ha bisogno poi di una struttura: il partito, almeno come macchina organizzativa, non viene meno. Purtroppo tende a perdere il ruolo di luogo dell’elaborazione politico-culturale e a diventare una struttura di propaganda a servizio del leader stesso: una specie di “spin machine”. Ma per questo il bisogno del radicamento territoriale continua a permanere.
Da qui la necessità che il partito conservi, almeno in parte, un ruolo politico; questo è ovviamente quasi impossibile nei partiti personali.
In sostanza – e sempre semplificando – noi abbiamo diversi tipi di leadership; le due principali sono quella populistica e quella che potremmo definire “orizzontale”. Il leader populista rappresenta (o cerca di rappresentare) l’intero corpo elettorale e di fatto rende inutile il ruolo di intermediazione della classe politica: il rischio è il declino verso l’esautoramento delle istituzioni e la perdita di centralità dei parlamenti. Non è un caso che questi tipi di leader presentino sempre una retorica anti-parlamentare (parlamento inutile o vecchio o lento o inefficiente e così via) e sostanzialmente antipolitica. Il leader orizzontale è più difficile da far emergere: ha bisogno di una pluralità di soggetti che lo legittimano e deve intercettare un bisogno di partecipazione che, almeno a livello simbolico, deve essere il suo alimento, prima ancora dei media. Esperienze simili sono quelle che hanno portato ad alcune candidature a sindaco. In questo caso, il leader cresce grazie ai media ma ha bisogno di un popolo che lo legittimi nell’azione politica, senza limitarsi ad applaudirlo acriticamente.
L’attuale interconnessione fra media e politica facilita lo sviluppo e l’emergenza di leader populisti, con rischi di non poco conto per la tenuta della democrazia.


7) Tra le varie tracce della prima prova di italiano elaborate in occasione del’esame di maturità di quest’anno, il tema dedicato alla diversa conformazione della Destra e della Sinistra sembra essere stato “snobbato” dai giovani studenti che invece hanno preferito optare per l’analisi del concetto di “fama” promosso dall’industria televisiva. I reality ed i talent show hanno avuto la meglio sullo spunto di riflessione politica offerto ai maturandi. Come invoglierebbe un giovane ragazzo ad avvicinarsi allo studio di un mondo complesso come quello della scienza politica e della comunicazione ad essa legata?


Per quanto riguarda la maturità, credo che il tema sia stato snobbato solo perché richiedeva maggiori competenze e conoscenze anche di carattere storico. D’altra parte la “fama” è ormai entrata anche nell’analisi politica: il tema della “celebrity politics”, per esempio, o i processi di “pipolization” sono evidenze di come la popolarizzazione della politica abbia prodotto anche una trasformazione dell’attore politico in “performer”.
Sono peraltro convinto che i giovani stiano riscoprendo il valore della politica, il suo ruolo, la dignità dell’azione politica. Permane lo scetticismo sui partiti, è vero. Ma sono sempre di più i giovani che vogliono partecipare: anche in rete, al banale “clicktivism” (l’attivismo facile che si limita a un “mi piace” o a una firma di petizione o a un re-tweet) si è sostituita una partecipazione che produce effetti sul territorio. Non sono pessimista sui giovani.
Alle cose che i giovani già sanno e che stanno scoprendo autonomamente, aggiungerei che la politica è una cosa bella perché è progetto sul futuro, per un futuro non solo egoistico ma condiviso e solidale. Non sono così i partiti? Può darsi. Ma forse possiamo cambiarli. La politica è di tutti: capire questo significa fare già un passo importante per preservare la democrazia. E per costruire da protagonisti il futuro di tutti.
Intervista a cura di Angelica Stramazzi,,tratta da SPINNING POLITICS

domenica 3 luglio 2011

100 ANNI DI COSTANTINO NIVOLA ,LO SCULTORE SARDO CHE FECE FORTUNA IN AMERICA


Sarà Paolo Fresu in trio con Dhafer Youssef e Eivind Aarset ad aprire il centenario della nascita dell’artista Costantino Nivola (Orani, 5 luglio 1911), che culminerà con l’inaugurazione dei nuovi spazi espositivi del Museo Nivola
Costantino Nivola, scultore di fama internazionale, è nato a Orani il 5 luglio 1911.Artista controcorrente, dalla complessa personalità, influenzato dalla molteplicità di componenti culturali e antropologiche assorbite, Costantino Nivola (Orani, Nuoro, 1911 - Long Island, 1988) fin dal principio della sua carriera si rivela in antitesi all’estetica del modernismo a favore di un’arte anonima e totale. Dal valore universale. Sintesi e purezza della forma sono le prerogative del suo codice scultoreo -in particolare per quanto riguarda l’ultimo decennio- che nulla ha a che vedere col purismo, bensì è il risultato del connubio tra mediterraneità e avanguardie storiche, nello specifico Brancusi e Moore. Attraverso una sintesi di arcaismo, sperimentazione e quell’asprezza del primitivismo che trova nel concetto di femminilità un ruolo centrale. E che mai lo imbriglierà all’interno di schemi precostituiti.Il trasferimento negli States e l’incontro con Le Corbusier nel 1946 segnerà la svolta del suo percorso. Ne sono esempio i Paesaggi urbani di NY -dove l’artista, edulcorando la componente espressionista, si rivela una sorta di precursore della cultura pop - e una mezza dozzina di sand-cast (modellazione della materia attraverso una matrice di sabbia) degli anni ’50, tra cui uno Studio per lo showroom Olivetti di NY, impresa di decorazione architettonica affidata all’artista nel 1954.
Dai primi anni ’60 Nivola si dedica alla lavorazione della creta, mostrando la capacità di calarsi in una dimensione particolarmente intimista. Dai Letti -miniature a tutto tondo, metafore dell’esistenza e simbolo del rapporto uomo-donna- alle Spiagge e alle Piscine, altorilievi talvolta graffiti che risentono dell’influenza di Arturo Martini, modellate frapponendo una sottile tela alla materia. Una riflessione sull’identità, costante nel percorso di un artista violentemente sradicato dalla propria cultura, che subisce profonde mutazioni e conseguenti adattamenti non poco sofferti, così come si deduce a alcuni suoi scritti, Passa l’adolescenza facendo il manovale: è il suo primo incontro con la calce, la pietra, la terra e la sabbia. Mario Delitalia, noto pittore oranese, lo introduce al mondo dell’arte. Nel 1931 Nivola lascia Orani per recarsi a Monza dove si scrive all’Istituto statale per le industrie artistiche. Li conosce Ruth Guggenheim, la donna che starà con lui per il resto della sua vita. La giovane coppia è costretta a scappare in Francia: sono gli anni delle leggi razziali e lei è ebrea. Subito dopo la coppia si trasferisce negli Stati Uniti d’America. E qui che l’artista fa fortuna. Ma la passione per la Sardegna lo riporta spesso nella sua terra d’origine. Il 5 maggio 1988 Nivola muore a East Southhampton (USA), un girovago che ha fatto fortuna nel mondo, pur rimanendo sempre con lo sguardo rivolto verso la sua terra, la Sardegna: una passione che ha coinvolto anche la sua vedova, Ruth Guggenheim Nivola, che ha voluto essere presente all’inaugurazione della mostra. Udo Collu, presidente della Fondazione Nivola spiega: "C’è il progetto del Parco museo di Costantino Nivola che attende l’approvazione del POR. Il progetto è stato redatto dal famoso architetto statunitense Peter Chermayeff, allievo di Nivola e ideatore del più grande acquario del mondo, a Osaka in Giappone." Numerose le visite illustri giunte al museo da ogni parte. Tra gli stranieri la maggioranza è di americani, allievi a artisti, che hanno ammirato alcune delle sue opere oltre Oceano o nel sito Internet a lui dedicato. Le sue creazioni peraltro appaiono nei principali scali aeroportuali dell’Isola ed al palazzo della Regione di Cagliari.